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Ricordati di santificare le feste


Non voglio santificare i giorni festivi perché sono la contabilità di quelli lavorativi e misurano le ore, i minuti ,i secondi .

Il sole , la luna solcano l'arco, perché nel riflesso li possa contemplare.Non programmo non taglio, non misuro, ma lodo i colori, la pace e l'ascolto notturno.
Il tempo tende a spiegare .... se lo sgualcisco , lui sa anche ripiegare.

Non voglio ricordare, preferisco dimenticare per il puro piacere di santigiocare.

APPUNTI --RIFLESSIONI--IPOTESI





domenica 10 gennaio 2016

CONCETTO ARISTOTELICO DI (FORMA)


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PENSIERO ETERNO
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ABISSO
(CUORE)
essenza del fuoco
fiamma della sorgente di tutte le cose

pensiero pervadente                    vibrazione 

vuoto e nulla                                         caos

verbo del fuoco

legge del tempo                ordine e armonia 

luce 


pensiero eterno                                     vita


uomo
mondo
-----------------------------------------------------

CONCETTO ARISTOTELICO
DI (FORMA)riportato nello schema



ABISSO
(CUORE)
essenza del fuoco
fiamma della sorgente di tutte le cose
ATTO PURO


pensiero pervadente                                    vibrazione




vuoto e nulla                                                           caos


verbo del fuoco
FORMA


legge del tempo                                    ordine e armonia


luce 

 ATTO

pensiero eterno                                                              vita

DIVENIRE                                        POTENZA

uomo
mondo

FORMA IN ATTO
FORMA ATTUALIZZATA

Potenza e atto[modifica | modifica wikitesto]

I due concetti di materia e forma sono riportati in Aristotele a quelli di potenza ed atto. Infatti la materia di per sé esprime solo la possibilità, la potenza, di acquisire una forma in atto nella realtà: perché si realizzi questo passaggio per cui ciò che è possibile diventi attuale, occorre che ci sia già una forma in atto, un essere attuato[3]. È chiaro che il passaggio dalla potenza (materia) all'atto (forma), che costituisce il divenire, è tale da poterlo concepire come senza fine, poiché ogni atto diviene potenza per un atto successivo[4] o meglio, sostiene Aristotele, avrà come termine ultimo un atto che ha realizzato tutte le potenze, tutte le potenzialità materiali e quindi non avrà più in sé alcun elemento materiale (potenza) e sarà allora un atto puro[5], Dio.

Concetto generale nella storia della filosofia[modifica | modifica wikitesto]

Potenza
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Potenza, (in greco δύναμις = dynamis) si riferisce essenzialmente alla considerazione ontologica delle cose, riguarda cioè il problema dell’oggettivo divenire del mondo, cioè la possibilità di realizzazione in atto, insita in un oggetto.[6]
Atto
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L'atto (nel latino scolastico actus, traduzione del greco ἐνέργεια (energheia) e ἐντελέχεια (entelekeia) è definibile come l’esistenza dell’oggetto in quanto realizzata (forma, integritas rei); si oppone alla potenza che l’atto precede ontologicamente come realizzazione perfetta e come fine. Da ciò deriva il significato di atto come operazione o piena di esplicazione dell’esistenza realizzata.[7]
Atto puro
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Atto puro è l'atto completamente realizzato, senza più potenza (nel senso che non ha bisogno di realizzarsi ulterioriomente) né materia. In Aristotele esso è Dio, il motore immobile. Il concetto è stato ripreso dall'idealismo, in cui l'atto puro è l'Assoluto. Nel neoidealismo si sposta sul pensiero: per Giovanni Gentile atto puro è il "pensiero nel momento stesso che pensa" (attualismo)



La forma kantiana[modifica | modifica wikitesto]

I concetti aristotelici di forma sostanziale e forma finale persero ogni originario significato con l'avvento della scienza moderna e assunsero un valore del tutto diverso nella formulazione kantiana.
Il rapporto materia forma assume infatti nel pensiero kantiano una funzione gnoseologica-trascendentale per cui nella Critica della ragion pura Kant intende per materia «ciò che corrisponde alla sensazione» e per forma «ciò per cui il molteplice del fenomeno può essere ordinato» secondo le forme pure a priori di spazio e tempo. La stessa attività formale poi è attribuita alle categorie o concetti puri dell'intelletto (par.13), a loro volta ordinati dall'attività sintetico formale dell'Io penso (par.16).
Il carattere formale sarà poi la caratteristica fondamentale della Critica della ragion pratica kantiana che si propone di indicare non quali comportamenti morali debba concretamente mettere in atto l'uomo ma come debba atteggiarsi la volontà, quale forma essa debba assumere nel predisporsi a compiere l'azione morale, obbedendo al carattere formale dell'imperativo categorico.


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